“… non avendo per monastero se non le case dei malati e quella dove risiede la superiora,
per cella una camera d’affitto, per cappella la chiesa parrocchiale,
per chiostro le vie della città, per clausura l’obbedienza,
non dovendo andare se non dai malati e nei luoghi necessari per il loro servizio,
per grata il timor di Dio, per velo la santa modestia,
e non facendo altra professione per assicurare la loro vocazione all’infuori di quella continua fiducia
che hanno nella divina Provvidenza e
dell’offerta di tutto quello che sono e di tutto quello che fanno
per il servizio dei poveri… ”
Regole Comuni delle Figlie della Carità I,2