7 maggio: arrivi da tutto il mondo!
Figlie della Carità di ogni nazionalità, colore, lingua, foggia d’abito… tutte unite dalla volontà di servire il Signore con la loro contemplante attività di prossimità a chi più soffre… La Casa Madre oggi sembra più che mai un porto franco a cui giungere per attingere nuove ispirazioni dello Spirito Santo, nuove idee, nuove forze, e poi ripartire per andare a condividere questa Grazia con le Consorelle, con coloro che le FdC accompagnano nel non sempre facile Cammino della Vita, e con tutto il mondo!
8 maggio: inizia il Santo Ritiro in preparazione all’Assemblea!
Padre Javier Alvarez CM, Direttore Generale della Compagnia accompagnerà le Assembleiste in questo tempo di dialogo più intenso con il Signore, di celebrazioni più festose, e di un attento esame di coscienza per un miglior Servizio al Signore nei più Poveri (cf. Costituzioni FdC 21d). Il Padre Direttore non proporrà delle conferenze, ma delle meditazioni per comprendere meglio l’insegnamento dei Fondatori fondato sulla Parola di Dio.
“Il Ritiro è un incontro con il Signore che ci porta a rinascere (Gv 3,7)”, così ha esordito il Padre Direttore Generale, offrendo poi alle Sorelle una meditazione stupenda, luminosa come quei raggi di sole limpido che abbagliano e rallegrano allo stesso tempo…
“Nicodemo era restio a seguire il ragionamento di Gesù… non perché non comprendesse, anzi… Purtroppo anche noi possiamo essere come Nicodemo: “Dopo 20, 30, 50… anni nella Compagnia, posso ancora rinascere?!”.
Sì, si può sempre rinascere! San Vincenzo descrive la Carità come un “abito”, il “bel vestito della Carità”. Quell’ “abito” dell’Amore senza del quale siamo nulla (san Paolo, 1Cor 13) è composto da 3 parti: l’Amore di Dio in alto, l’Amore al prossimo al centro, l’Amore alle Sorelle in basso. L’Amore “di Dio”, dice Vincenzo, non “a Dio”…
“La persona deve ricevere amore per poterlo dare…” (Benedetto XVI): dobbiamo essere sempre consapevoli che è Dio che ci ha amato e ci ama per primo ed il suo Amore è come una fonte che può arricchirci e colmarci di sé se noi lo permettiamo. L’Amore è l’origine di tutto… L’Amore trasforma la vita delle persone. San Paolo definisce “l’uomo nuovo”, colui che si lascia trasformare dall’Amore! La parte alta del “vestito” consiste nell’assimilare profondamente l’Amore di Dio per trasmetterlo agli altri.
L’Amore di Dio trasmesso ai fratelli, per i Vincenziani, deve essere caratterizzato dal tratto squisito e dalla delicatezza: senza tratto squisito e delicatezza non c’è servizio ai Poveri. Oggi il mondo serve chi è nel bisogno con molta competenza, ma noi non dobbiamo dimenticare l’esortazione di Madre Guillemin: siete chiamate ad umanizzare la tecnica. Questo ci aiuterà a personalizzare il Servizio. Si adatta l’amore ai Poveri come una mamma adatta il suo amore ai propri figli, individualmente, ciascuno per quello che ha bisogno… Questo è rafforzato dalla creatività dell’Amore, unita alla prudenza e alla sagacia… sentendo sempre l’urgenza del trasmettere questo messaggio, poiché evangelizzazione e servizio sono un’unica fiamma della Carità!
L’Amore di Dio trasmesso alle Sorelle è fondamentale, in questo san Vincenzo è categorico: se non ci fosse amore tra loro sarebbe meglio che le Figlie della Carità non ci fossero.
Vi propongo 3 raccomandazioni vincenziane sempre attuali.
1) Vi sia rispetto fra le Sorelle, con deferenza, venerazione, stima. Se manca il rispetto, manca la sapienza: non si riconosce la sacralità della Sorella, la presenza di Dio in lei! “Ogni Sorella è un dono di Dio, anche la più difficile!” Senza rispetto non si può capire la ricchezza che la Comunità custodisce.
2) Vi sia il perdono… che non vuol dire che in comunità non vi possano essere discussioni, attriti, questi sono naturali nella vita umana… Perdonare è accogliere l’altro comunque… Non collezioniamo sentimenti negativi perché è come se si riempisse la casa di veleni e bombe, è rischiosissimo! Sarebbe una follia conservare rancori.
3) Vi sia il dialogo: quanto è importante per santa Luisa e san Vincenzo! I nostri Fondatori ci raccomandano di dedicare tempo per stare assieme, per raccontarsi ciò che si è vissuto, per affrontare i problemi dandosi consiglio reciprocamente ed insieme programmare gli interventi. Dialogare significa innalzare i cuori, arricchirsi l’un l’altra… Progettare individualmente è un attentato alla vita comunitaria! L’assenza di dialogo è un sintomo chiaro che la comunità sta agonizzando.
“Gli disse Gesù: io sono la via, la verità e la vita! Nessuno viene al Padre se non per mezzo mio”(Gv 14,6)
Solo uno spunto dall’Omelia di padre Javier:
“Gesù Cristo viene condannato… è meraviglioso: Dio è capace di mettere in atto il suo disegno di salvezza attraverso la mediocrità degli strumenti umani, di più, attraverso il peccato e la malvagità degli esseri umani. E’ meraviglioso! Questo deve colmarci di serenità e pace interiore…
Non bendiamoci gli occhi, affermiamo pure che vi è una situazione negativa, ma comprendiamo che Dio la può utilizzare per portare a compimento il suo disegno di salvezza. Non temiamo, sentiamoci come bambini che non comprendono l’operato dei genitori, e protestano: ad esempio non vogliono alzarsi presto per andare a scuola, non vogliono lavarsi…. solo in seguito capiranno le scelte dei genitori per il loro bene.
Vivere con timore del negativo è segno di una debole fede. Poniamo ai piedi dell’altare tutte le paure (Giovanni Paolo II), altrimenti ne saremo schiavizzati. Non confidiamo nel disorientamento, nella falsità, nella morte , ma in Gesù Cristo che è Via, Verità e Vita!
9 maggio:
“Rinnovatevi, Sorelle, nel vostro iniziale fervore (Santa Luisa)”!
Il cielo di Parigi è un poco coperto, sembra promettere pioggia, ma il “sole” splende nella Sala dell’Assemblea!
Anche oggi la giornata è iniziata con una meditazione incentrata su di un passo evangelico, molto noto: l’incontro dei due discepoli con Gesù Risorto, sulla strada per Emmaus. Un incontro che in un istante cambia la vita dei due pellegrini! Prima erano sfiduciati, disillusi, tristi, poi, come ceneri riattizzate, eccoli tornare alla comunità per far sapere ciò che era successo, per condividere l’esperienza di Dio che avevano vissuto. Si cambia, ha detto padre Javier, ci si trasforma, quando si fa esperienza di Dio.
L’Assemblea non serve per “mantenere” la Compagnia, ma per “mantenerla in vita”. Anche una mummia mantiene sembianze umane, ma non ha la vita! La vita si vede, la vita attrae! E la vita si mantiene se si fa esperienza di Dio, se lo si sente in noi! Tutte le preghiere sono valide, ma non tutte le preghiere sono esperienza di Dio, poiché tale esperienza ci cambia, ci trasforma in modo assoluto ed istantaneo. La preghiera che non ci trasforma non è profonda. Questa intensità è un dono di Dio, ma noi possiamo creare le condizioni per una preghiera che sia esperienza di Dio. Il momento del Ritiro, il tempo dell’Assemblea è certo privilegiato per vivere questo. I pellegrini di Emmaus ritrovano speranza, ritrovano gioia, allegria! Ora credono nel Risorto… nelle nostre Comunità crediamo nel Risorto? Se veramente crediamo nel Risorto, i problemi assumeranno una luce diversa.
Padre Javier Alvarez CM ha poi approfondito la sua riflessione.
Vi proponiamo uno dei mezzi proposti per mantenere in vita la vocazione: contare sull’aiuto fraterno. Uno dei mezzi più importanti, ha sottolineato il Padre Direttore.
San Paolo esorta i Romani(cap.15) a farsi carico gli uni degli altri: ma chi sono i forti e chi i deboli? Ognuno di noi può essere l’uno o l’altro. Come ben dicono le Costituzioni n.9: il rapporto fraterno è essenziale nella Compagnia, a partire dalle Comunità locali. In esse, si viva l’accoglienza e l’amicizia reciproca, con fede, semplicità di cuore, gioia, perché il ritrovarsi insieme sia occasione per ritemprarsi materialmente e spiritualmente. Questo è responsabilità di ciascuna Sorella…
Un cuore radicato nel Signore fa rifiorire gli ambienti, umanizza la vita degli altri e rafforza la vita fraterna… Quanto è importante la spiritualità della comunione: sostenersi a vicenda, ascoltarsi, consigliarsi… è molto importante!
10 maggio:
“Io sono la vera Vite, voi i tralci (Gv 15)”
Il Giorno del Signore ha donato alle Assembleiste caldi raggi di sole. La città, nel suo riposo settimanale, è più silenziosa, quasi ad accompagnare l’Assemblea nel suo itinerario spirituale del Santo Ritiro sempre più in profondità…
Padre Alvarez ha subito catturato l’attenzione di tutte con un gesto della mano molto significativo ed eloquente: dall’alto, la mano discende per poi rialzarsi. Un gesto che descrive la vita di Gesù e quella delle Figlie della Carità. Gesù si è spogliato della sua condizione divina ed ha assunto pienamente la condizione umana per elevarla; stesso percorso vive la Figlia della Carità: lascia la sua condizione, si abbassa a cercare i Poveri, si incultura nel loro mondo e cerca di elevare l’essere umano, in senso integrale. Il servizio ai Poveri è imitazione dell’Incarnazione di Cristo. San Vincenzo è un appassionato di Gesù Cristo, meglio, è un appassionato dell’Incarnazione di Gesù Cristo. Il senso dell’essere Figlia della Carità è nella contemplazione di questo Mistero: Dio si è fatto carne (Gv 1, 1 – 18). Dio è stato veramente un uomo, questa è l’inaudita novità cristiana (Fil 2).
Meditiamo spesso l’umanità di Cristo: un uomo chiaro e retto, che ha giustificato ciò che ha detto con logica e ragionevolezza, senza ambiguità; un uomo che ha suscitato un rispetto molto grande, anche tra coloro che lo osteggiavano; un uomo libero di fronte all’ambiente sociale. Viviamo come lui l’equilibrio fra testa e cuore, non dimenticando nella grande missione che ci è affidata, l’amore e l’amicizia verso le persone concrete, nel quotidiano. Non scoraggiamoci nelle difficoltà: nell’incarnazione non possono non esserci, meditiamo quel che ha dovuto affrontare Gesù! Fortifichiamoci nel radicamento nella volontà del Padre (Mc 13). Come ci indicano le Costituzioni al n.8, Gesù, partendo da zero come noi, ha vissuto un’intensissima vita di preghiera, adorando il Padre con altissima stima. Anche noi siamo chiamati a cercare la volontà di Dio, oggi, adesso… e a compiere ciò che abbiamo scoperto come Sua volontà… proprio come Gesù. In più, come Gesù, siamo chiamati a servire, soprattutto a servire i Poveri, gli oppressi. In questo Gesù sconcerta i suoi contemporanei ed i potenti di ogni tempo. Solo Lui afferma che i prediletti da Dio sono sempre i Poveri. Solo Lui pone la sua attenzione su ogni persona povera, non come tante altre teorie “umanitarie” che si preoccupano del gregge più che della singola pecora. Sempre dalle Costituzioni n.8, possiamo riflettere riguardo Gesù come evangelizzatore dei Poveri, in parole e in gesti significativi. Questo ci dice che ogni servizio, anche il più umile, non è una preparazione all’evangelizzazione, ma è già evangelizzazione. La Figlia della Carità non può mai trascurare il servizio spirituale, poiché esso, per lei, è unito al servizio materiale. Come san Paolo, anche noi veniamo trasformati dall’innesto in Cristo, che è la Regola delle Figlie della Carità (Cost.8). Lui è la Vite, noi i tralci: la Vigna è un mistero di comunione tra noi e Lui, tra noi e le Sorelle, tra noi e i Poveri. Solo questa triplice dimensione può ravvivare la nostra mistica, il nostro spirito comunitario, il nostro servizio!
11 maggio
“O Divino Spirito… dolce Ospite dell’Anima”
Lunedì, Parigi torna al lavoro. C’è folla per strada. Un papà mette fretta al suo bambino, che pare appesantito dallo zainetto scolastico: “Avanti, avanti!”, gli dice. Il cielo plumbeo certo non incoraggia il piccolo studente.
Anche Padre Javier sollecita le Sorelle, esortandole a lasciarsi sospingere, accarezzare, infiammare dallo Spirito Santo, che sarà il protagonista dell’Assemblea Generale, se loro lo permetteranno. La meditazione del Padre Direttore è stata molto densa, semplice e profonda allo stesso tempo, ricchissima… Di seguito ne proponiamo solo alcuni spunti, lasciando immaginare quale ricchezza stanno vivendo le Sorelle in Ritiro!
La missione dello Spirito Santo è duplice: illuminare l’intelligenza, rafforzare la volontà. Così è stato per gli Apostoli, per santa Luisa, così è per noi, ognuno di noi!
Un primo brano biblico, impressionante: Ez 37, 1-10.
Ezechiele ci fa capire di cosa è capace lo Spirito: dare la vita dove non c’è o moltiplicarla dove ce n’è poca.
Altre immagini bibliche…
il VENTO che soffia libero nel mistero della sua provenienza e della sua destinazione, che ci accarezza il volto, facendosi prossimo. L’impeto di Pentecoste (Atti), la brezza di Elia (1Re 19), il “messaggero di Dio” del Salmo 103…
il FUOCO: amore, ardore, calore, purificazione…
l’ACQUA, elemento vitale, che lava, disseta, feconda come quella che sgorga dal costato di Gesù, l’acqua viva del Dio creatore, sorprendente, vicino, l’acqua del nostro Battesimo…
la COLOMBA, tenera, innocente , semplice: fin dal Levitico era “l’amica dei poveri”, poiché essa era prescritta come sacrificio per chi non poteva permettersi di più, e lo Spirito è definito infatti “Padre dei Poveri”!
L’OLIO che unge, penetra, impregna, toglie ogni attrito (pensiamo al suo uso nella meccanica) e permane, come lo Spirito nel nostro intimo. Come al momento della Pentecoste, lo Spirito Santo moltiplica la vita dove trova una porta aperta, un cuore che riceve, una lingua implorante: non fa differenze, non è razzista, non è elitario… è universale.
E come al momento della Pentecoste, quando lo Spirito interviene la vita viene sconvolta in un istante, non c’è psicologo che lo possa spiegare: la vita degli Apostoli, come la vita di santa Luisa il 4 giugno 1623, è cambiata, si è trasformata totalmente!
Questo intervento può non venire riconosciuto immediatamente… Anche Luisa se ne renderà conto dopo, e porrà lo Spirito a fondamento della sua opera d’Amore, chiedendo in particolare il “timor di Dio” per evitare il negativo e custodire la vocazione; la “fortezza”, la “pietà”, vivendo con gioia la filiazione divina e sentendosi Sorella tra le Sorelle, e il “consiglio” per ben guidare la Comunità.
Tutti abbiamo ricevuto doni dallo Spirito Santo, forse senza esserne consapevoli. Proviamo a farne memoria, a riflettere sulla nostra vita…
Ognuno porta dentro di sé un tesoro. San Paolo ci invita a cercare nel nostro intimo questo tesoro, per poi manifestarlo, quindi a compiere il passaggio dall’interiorità al mondo esterno, dall’essere al fare, dalla radice ai frutti!
Quanto può lavorare lo Spirito Santo? Quanto noi lo lasciamo operare!
Ce lo dicono in modo molto efficace le Costituzioni al n.17c: le FdC “cercano di essere docili alle ispirazioni dello Spirito, convinte che saranno strumento delle sue opere in misura della loro fedeltà…”.
Questo non è facile, in particolare quando lo Spirito ci spinge su strade che non apprezziamo.
12 maggio:
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace (Gv 14) ”
Il vento dello Spirito di ieri ha spinto l’Assemblea nel Deserto…
Oggi un problema tecnico non ha permesso l’uso del sofisticato sistema per la traduzione. Alle Sorelle in Ritiro è stato proposto di vivere un giorno di Deserto… Ne abbiamo approfittato per chiedere alcune impressioni personali ad una delegata che vive la sua prima esperienza assembleare ed ad un membro di diritto alla sua quarta partecipazione.
Suor Liliana Aragno, delegata della Provincia di Torino, dovendo esprimere il sentimento prevalente di questi primi giorni, ci ha parlato di una forte percezione di responsabilità. Partecipare all’Assemblea Generale comporta l’essere pienamente responsabili di quello che avverrà nel futuro della Compagnia. Quello che si dirà, si farà, si deciderà, orienterà il cammino di tutte le Figlie della Carità del mondo.
Suor Liliana è stata molto colpita dall’unità nella diversità. Il nostro carisma riesce ad avere una molteplicità di espressioni, inculturandosi nelle forme idonee ai vari contesti, senza perdere nulla della sua originalità, restando fedele all’intuizione originaria di san Vincenzo e santa Luisa.
Suor Rita Ferri, Economa Generale, è alla sua quarta partecipazione ad una Assemblea Generale. Le abbiamo chiesto se poteva confrontare per noi le diverse esperienze, e quali sono le sue aspettative per questa Assemblea.
L’Assemblea Generale è sempre una primavera dello Spirito, ci ha detto suor Rita, è lui il protagonista, come lo è stato alle origini della Compagnia. E lui solo può aiutarci a rivitalizzare il carisma e a rinnovarci nel primitivo fervore (Santa Luisa). Le quattro Assemblee sono state diverse: due giuridiche e due esperienziali. Suor Rita si è soffermata in particolare sulla prima vissuta, a Roma, nell’inverno fra 1979 e 1980, due mesi e mezzo di lavoro sulle Costituzioni, nella dimensione ecclesiale del centro della cristianità. Sottolinea anche come, nelle Assemblee esperienziali, come quella del 1997, è sempre importante focalizzare quale è il “bisogno” e quale il “desiderio”.
Il “Fuoco nuovo” posto a titolo del Documento Finale di quell’Assemblea, è lo stesso che deve bruciare in questa, anch’essa esperienziale (mentre quella del 2003 è stata giuridica, sull’attualizzazione delle Costituzioni). Come essere profeti nel campo della Carità, oggi? Come rinnovarci nella fedeltà al carisma, oggi? Come trovare, incontrare di nuovo, amare Cristo come alle origini, oggi? Se non saremo abitate da questa passione per Cristo e per i Poveri nella realtà della vita, nella quotidianità e nella mobilità, i nostri lavori assembleari saranno inutili! E’ necessario il discernimento, e questo discernimento non ci può lasciare “statiche”. Come conciliare la nostra “staticità” attuale con questa irruzione dello Spirito?
Suor Rita guarda alle quattro Assemblee vissute non come ad un processo di cambiamento, ma ad un cammino di crescita, di evoluzione, poiché le verifiche, quali sono anche i lavori che precedono e seguono l’Assemblea, fanno crescere! Occorre affrontare i lavori con molta apertura reciproca, con massimo ascolto, con la volontà di imparare da tutti, convinti che sia lo Spirito che parla in quel momento. Dall’Assemblea si dovrà ripartire con orientamenti chiari, con traguardi nuovi e precisi, con l’unico fine della Carità messa in opera là dove siamo. A proposito del fare sintesi nella realtà in cui viviamo, suor Rita ci ha regalato un’interessante riflessione: la passione per quello che svolgiamo ci incoraggia di fronte alla difficoltà e ci conduce all’essenziale. Dobbiamo essere preoccupate di non perdere la missionarietà! Se puntiamo solo all’organizzazione e all’efficienza piuttosto che all’efficacia della nostra opera, perdiamo il senso del nostro essere. Ciò che viviamo, diciamo, facciamo lancia un messaggio a qualcuno? Contagiamo qualcuno? Non solo: l’efficienza senza efficacia è uno scandalo! La gente nota il nostro possesso di belle cose, di strumenti notevoli… ma non capisce la motivazione, poiché il messaggio non è evidente… Non dobbiamo rendere difficile la comprensione della nostra vita.
Ringraziando suor Liliana e suor Rita, concludiamo questa nostra corrispondenza giornaliera con una citazione molto significativa dall’omelia di padre Alvarez:
“E’ evidente che noi tutti siamo pacifici e lavoriamo per la pace, ma questo non toglie che dentro di noi, possano esserci piccolissime violenze, come per esempio rivalità, piccole vendette o ritardi nel perdonare… La raccomandazione del Signore: “Rimanete sempre nella pace”, può servirci per rimanere all’erta e non fare nessuna concessione a ciò che si oppone alla pace, perché ogni mancanza contro la pace – sebbene piccola – genera vittime.”
13 maggio:
“In Assemblea con Maria”
Nel giorno in cui la Chiesa ricorda le apparizioni mariane di Fatima, l’Assemblea, armonia di lingue e di voci, riprende il suo Ritiro alla sequela di Maria, la “pellegrina della fede”(Giovanni Paolo II).
Il Padre Direttore Generale ha proposto alle Sorelle un itinerario affascinante, meditazioni, passateci l’immagine e l’espressione, per un possibile Rosario nel quale pregare i “Misteri del dubbio”. “La fede è la capacità di sopportare i dubbi” affermò il card. Newman, e da questa citazione cerchiamo ora di sintetizzare il prezioso intervento di padre Alvarez.
Maria ha un posto insostituibile nell’Assemblea Generale FdC, come lo ha avuto nella prima Chiesa (Atti 1). Ella è “maestra di vita spirituale” (Cost. 23), modello di ascolto, di risposta, di offerta, di culto che diventa impegno vitale (Paolo VI, Marialis Cultus 37).
Giovanni Paolo II scrive dell’intimo legame fra Maria e gli avvenimenti della vita di Gesù (Redemptoris Mater) . Nell’Annunciazione, la vediamo docile alla Parola e al piano di Salvezza del Padre; nel Magnificat della Visitazione, sentiamo la sua forte sensibilità per i Poveri; a Cana, la sua solidarietà con chi è nel bisogno; in Egitto e sul Calvario, ne notiamo la fortezza nel dolore. Maria è stata “pellegrina della fede”, non turista…
Ha camminato passo passo, senza alcuna sicurezza, dipendendo da Dio ed affidandosi alla Sua Provvidenza. L’essere Madre di Dio non le ha tolto sofferenze e difficoltà nella sua missione di Servizio!
Contempliamo, ora, questi momenti di sofferenza, di difficoltà, di dubbio.
ANNUNCIAZIONE (Lc 1, 26-38). Il Signore chiede a Maria di essere vergine e madre… e per opera dello Spirito Santo! Lei era già promessa sposa a Giuseppe. Ed era una povera ragazza. Agli occhi del popolo, la condizione che le veniva presentata comportava la lapidazione. E lei stessa attendeva un Re, un Messia splendente di gloria… come poteva essere suo figlio? Maria disse: “sì”. La fede la portava in un cammino per niente facile.
NASCITA DI GESU’ (Lc 2, 1-20). “Non c’era posto per loro…”, proprio in Oriente, dove l’ospitalità è sacra! Il Salvatore nasce in una stalla, una realtà molto meno poetica di quella che poi la letteratura ci ha tramandato. Possiamo pensare al dubbio di Maria: “Davvero questo Bambino è l’Atteso delle nazioni?”
FUGA IN EGITTO (Mt 2, 13-23). Gesù è appena nato e già devono nasconderlo per salvarlo da morte certa! Triste accoglienza per il Salvatore del mondo!
PURIFICAZIONE AL TEMPIO (Lc 2, 21-40). Finalmente due incontri gratificanti per Maria: Simeone ed Anna riconoscono il Bambino… Ma come poteva ella comprendere le parole dell’anziano sacerdote sulla sua futura sofferenza?
SMARRIMENTO DI GESU’ NEL TEMPIO (Lc 2, 41-51). In quest’occasione, Maria risponde alla difficoltà e al dubbio, con tratto tutto femminile: “conservava tutte queste cose nel suo cuore”. Ella conserva con il cuore, nella dimensione affettiva, non con la testa, in senso razionale.
Vi è un altro momento di dubbio, di cui il Vangelo non parla: la PROVA DEL LOGORAMENTO. Trent’anni di silenzio di Gesù, di lavoro nascosto, di routine quotidiana. Ma Gesù non è il Salvatore del mondo? Perché non si fa conoscere? Il dubbio nella fede non è negativo se alla base c’è l’affidarsi incondizionatamente a Dio.
PREDICAZIONE (Mc 3,21). Gesù viene preso per pazzo. Lo strazio di Maria dovette essere grande! Anch’ella era sconcertata e va a cercarlo per riportarlo a casa! L’essere Madre del Salvatore non le toglieva i dubbi…
LA CROCE (Gv 19). Un dolore indescrivibile per Maria: la morte di un figlio. E quella morte da delinquente, da indesiderato, abbandonato anche dai Suoi! Maria poteva essere cosciente che la Croce era il mezzo privilegiato della Salvezza? No, sicuramente no. Si sarà chiesta: “Che senso ha questa morte?”
Dolore, interrogativi, sconforto, perplessità. “Signore, non capisco nulla, ma confido in Te.”: abbandono, fiducia, fede. Maria, come scrive Giovanni Paolo II, è stata “pellegrina della fede” attraverso gli avvenimenti della vita del Figlio. In essi, ha potuto scoprire la profondità e la forza della propria fede. Ci aiuta così, oggi, a rinforzare la nostra fede.
14 maggio: “…rimanete nel mio Amore”
Giornata Penitenziale
Ancora una giornata piovosa… il tempo aiuta l’Assemblea a mantenere il raccoglimento in questi ultimi due giorni di Ritiro.
Domani pomeriggio sarà celebrata l’Eucarestia conclusiva, mentre oggi, alle 15, si è tenuta la celebrazione penitenziale seguita dalle Confessioni, grazie alla presenza di sacerdoti di varie nazionalità e plurilingue, tra i quali il “nostro” padre Alvaro Restrepo CM!
Molte delegate pernottano fuori dalla Casa Madre. Alcune fra loro hanno il privilegio di passare davanti a San Lazzaro, la Casa Madre dei nostri Missionari. Se l’orario lo permette, non manca una visita al Signore e al suo amato Servo san Vincenzo de’ Paoli. Se il portone è chiuso, basta un saluto, fa piacere pensare di averlo vicino, umanamente si intende, poiché sappiamo bene che il nostro Onoratissimo Padre ci segue ovunque nel mondo.
Padre Alvarez, consapevole dei pochi giorni che mancano all’apertura dell’Assemblea, sta esortando le Sorelle ad ampliare sempre più gli orizzonti, guardando all’universalità del carisma della Compagnia, e riflettendo sull’ecclesialità delle Figlie della Carità e di tutti i vincenziani. Il documento conciliare “Perfectae Caritatis” (PC) al n.2 e il dettato del Convegno sulla vita consacrata del 2004 sono stati alla base della meditazione odierna. L’identità della Compagnia, secondo le Costituzioni, si evince da quel che san Vincenzo scrive il 13 febbraio 1646: negli anni progredisce, si evolve, oggi non è quello che era agli inizi… ma ciò che conta è che la Compagnia sia come Dio vuole…
Il 2° capitolo delle Costituzioni ci offre una sintesi sull’identità.
“Date a Dio”, significa avere una profonda vita spirituale. Tutto ha senso in Cristo, nulla ha senso senza di Lui. Lui è la Regola (PC 2; Cost.8). Il Vangelo va accettato come un assoluto (Cost.21b). Senza Cristo, vi è un vuoto mortale, che la Figlia della Carità riempirà con dei surrogati (il vuoto cerca di essere colmato, è una legge della fisica).
“In comunità”: la Figlia della Carità non può sussistere senza vita comunitaria. I Fondatori erano convinti che lo volesse Dio, con un orientamento originale rispetto alle altre Congregazioni: il vincolo di Carità che unisce la comunità è per la missione, è in funzione della missione (C.32). Qui appare, in tutta la sua potenzialità, la profezia della vita comunitaria: “vedete come si amano”. Lo dicevano dei primi cristiani, lo si deve dire anche delle comunità vincenziane! La gente sa come è difficile stabilire relazioni fraterne! Se vi è fraternità, se vi è Carità, la comunità parla da sola. Questo può veramente sorprendere il mondo (Vita Consecrata 20). Come disse Giovanni Paolo II all’Assemblea Generale del 1985, la testimonianza personale è importante, ma ancor più lo è quella comunitaria!
“Per servire Cristo nei Poveri“, per questo è nata la Figlia della Carità nella Chiesa.
San Vincenzo, colmo di stupore per la grandezza di questa vocazione, affermò: “voi continuate la missione del Figlio di Dio sulla terra!”. Questo è il punto centrale in cui convergono la preghiera, la vita comunitaria, i Voti, questa è l’unità di vita. Senza i Poveri non esisterebbero le Figlie della Carità e il carisma vincenziano.
La Compagnia, oggi, nella Chiesa, deve saper unire la fedeltà ai Fondatori con la capacità di vivere la realtà attuale (PC 2). Il titolo del convegno sulla vita consacrata del 2004, è molto significativo: “Passione per Cristo, passione per l’umanità”. Non dice “sequela”, ma “passione”: ardore, fuoco, decisione, innamoramento… passione. Se non si è innamorati di Cristo, ci si innamora d’altro, l’identità perde forza, perde senso. Se siamo innamorati di Cristo lo ameremo anche nella dinamica comunitaria e nei progetti condivisi con altre realtà ecclesiali. L’incontro vivificante con Cristo e i Poveri, renderanno la Compagnia sempre attuale! Sentiamoci sempre interpellati da Gesù: “Chi sono io per te?”. La Compagnia non può essere ai margini della Chiesa. Essa ne è al servizio (Cost.1): con il proprio carisma, non con altro, la Compagnia partecipa alla missione universale della Chiesa. Con questo senso ecclesiale deve essere affrontata l’ Assemblea Generale, senza limitarsi ai problemi locali, provinciali, poiché per essi vi sono altri momenti.
Altrettanto importante è, nelle proprie realtà, l’attenzione alla dimensione diocesana. L’aprirsi a collaborazioni con altri soggetti ecclesiali e con la gerarchia, non fa perdere la propria identità, anzi, la rafforza (Convegno 2004)! E’ necessario un continuo adattamento alle condizioni mutevoli della società. Con la modernità, abbiamo finalmente perso tante sicurezze, stiamo imparando a guardare all’essenziale, comprendiamo che non tutto il nuovo è negativo (Giovanni Paolo II, Redeptoris Missio 86). A volte, qualcuno forse rimpiange il passato, come il popolo d’Israele rimpiangeva le cipolle dell’oppressore… Non dobbiamo cadere nella tentazione della conservazione ad oltranza. Non siamo un progetto sacro ai margini del mondo, ma siamo un progetto umano che desidera diventare sacro nella realtà in cui si trova.
Il significato profetico della vita consacrata sta anche in strutture più agili e più semplici (Convegno 2004) e nella capacità di illuminare con la nostra identità, il crescente pluralismo della società. Occorre aprirsi alla domanda di verità che il mondo manifesta, convinti che la verità è di tutti e tutti la possiedono in diverso modo. Siamo chiamati, come vincenziani, a questo cammino di speranza per il dialogo e l’incontro. Questo significa anche scommettere sui laici e sulle novità che essi portano in dono. Non sono “vincenziani di serie B”: esprimono una dimensione importante del carisma, sono “collaboratori in Cristo”. Il Concilio Vaticano II esortava ad un’ “ecclesiologia di comunione”: condividere la missione significa condividere la vita, nell’aiuto e nell’influenza reciproci (Christifideles Laici).
Con discernimento, di fronte ad una questione importante chiediamoci sempre: 1) corrisponde allo spirito vincenziano? 2) è necessaria, utile, profetica per il nostro tempo?
15 maggio, conclusione del Santo Ritiro:
“…si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva (Atti 15, 31)”. Momenti di grande festa alla conclusione del Santo Ritiro.
Il Padre Direttore ha concluso il ciclo di meditazioni proposto alle Assembleiste con un’articolata trattazione sulla “mistica” vincenziana.
La spiritualità vincenziana è riconosciuta ed apprezzata nella Chiesa.
Il passo scritturistico che meglio la espone è Mt 25, 31 – 46, e la frase di san Vincenzo è: “Una Figlia della Carità andrà dieci volte al giorno a visitare i malati, e dieci volte al giorno vi troverà Dio”.
San Vincenzo era una persona pratica, che rifletteva sul proprio vissuto;
egli comprese che nel servire il Povero, noi possiamo incontrare Dio!
Questa convinzione, nell’attuale società orizzontalista, permette alle Figlie della Carità di non essere solo delle volontarie sociali, ma di mantenere la propria significatività e la forza profetica.
Darsi a Dio per assicurare il Servizio ai Poveri: è l’intuizione geniale di san Vincenzo. Ha senso così l’affermazione: “Lasciare Dio per Dio”, interrompendo le pratiche di pietà per accorrere al soccorso di Dio nel Povero (Cost.21b).
La spiritualità vincenziana è una spiritualità di integrazione fra spazio sacro e spazio profano, l’uno deve portare all’altro. La preghiera deve trasformarsi in energia per servire i Poveri: l’impegno concreto con cui deve terminare l’orazione, come raccomanda san Vincenzo, unisce la dimensione contemplativa a quella attiva. Fra la cappella e il mondo non vi è separazione.
Nella postmodernità, per credere c’è bisogno di vedere, di toccare… vi è una debilitazione della stessa fede. Il non trascendente attrae, crea dipendenza, come certi programmi televisivi. Vi è superficialità dello sguardo e manipolazione delle coscienze. Si cerca l’utilità delle cose, non il loro senso ultimo. Si mina la capacità contemplativa dell’essere umano.
Vi sono anche difficoltà interiori: zone in noi stessi che sono “atee”, in cui la presenza di Dio non ha influenza, dove il Vangelo non penetra. Si può avere una fede teorica, incapace di rispondere alle questioni quotidiane. La forza della propria fede si comprende proprio nella risposta alle situazioni feriali più difficili. La Provvidenza è la finestra mediante la quale Dio segue tutto ciò che accade.
Tre verbi della mistica vincenziana:
1) VEDERE, che è più che guardare; è capire, cogliere quel che c’è oltre le apparenze. Ogni realtà creata è una teofania. Il mondo non è un ostacolo per la contemplazione, ma è il luogo che ci permette di comprendere il disegno salvifico di Dio. Questo accade se lo vediamo con il cuore (Ef 1,18). Il mondo ci rimanda a Dio, superando il clamore della città, delle sue strade, come è stato per le prime Figlie della Carità. La contemplazione delle FdC si svolge nel rumore del mondo, non nel silenzio di un chiostro.
2) ADORARE. La Figlia della Carità serve il Povero con devozione (Cost.10b). Una devozione vissuta con dolcezza, compassione, cordialità e rispetto. Una devozione che porta gioia, fiducia, donazione incondizionata, allegria. Se non c’è questo, se non c’è devozione nella pace e nell’allegria… si svolgerà un servizio sociale, ma non il Servizio ai Poveri vincenziano.
3) IMPEGNARSI. Più la Figlia della Carità si dà al Servizio e più scopre Dio, e più scopre Dio e più si dà al Servizio. Il Servizio vincenziano ben svolto, impegna sempre più e si svolge sempre meglio.
Per rafforzare la contemplazione vincenziana vi sono tre mezzi:
A) Statuti 4: “le Figlie della Carità rileggano la loro vita per scoprirvi l’azione dello Spirito”. Pregare sul passato, pregare sul futuro. Pensarsi come un dono di Dio
B) Vincenzo, quando ha scoperto il Signore nei Poveri, ha compreso che Dio si compiace nel vedere il Povero servito, accudito, amato, e si rattrista nel vedere la sofferenza dei suoi prediletti. Chiediamoci se Dio si compiace di una certa attività, chiediamoci cosa Dio direbbe..
C) la preghiera, che pone Cristo come riferimento del proprio Servizio, vive meno stress e meno fatica. Si soffre meno, poiché ci sentiamo solo strumenti, è il Signore che sa. Se invece il riferimento è la stessa persona che serve, allora sarà contenta nei successi, ma depressa nelle difficoltà.
Il Servizio non è un lavoro qualsiasi: è incontrare Dio! Allora la gioia sorge spontanea, come la terra che si bagna quando piove.
Se una Figlie della Carità serve bene in senso vincenziano, nella sua azione incontra Dio e questo l’aiuta a superare ogni difficoltà (Cost. 16b). Un buon Servizio alimenta più che consumare.
La mistica vincenziana si prepara nella preghiera intensa e profonda, che trasforma la testa, il cuore, le mani. Cost. 21: “le Figlie della Carità non possono sussistere senza preghiera”. Sussistere: è una questione di vita o di morte! La preghiera imprime l’immagine di Cristo nel cuore, nella mente, nella retina dell’occhio, per riconoscerlo durante il Servizio .
Siamo alla fine del Ritiro… l’ultimo versetto della Lettura odierna nell’Eucarestia può riferirsi a quello che le Sorelle ora sono chiamate ad affrontare – ha suggerito padre Javier -: “Riunita la comunità, consegnarono la lettera. Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.”(Atti 15, 30-3).
Inizia l’Assemblea Generale, ora è il momento del dialogo, del dibattito, della comunicazione. Che tutto si svolga al servizio della verità, nella concordia e nell’incoraggiamento positivo che tutte le Sorelle hanno diritto di ricevere. Questo sarà il modo di vivere in Assemblea il comandamento dell’Amore.
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