“La Figlia della Carità è come un paracarro
sul quale tutti quelli che sono stanchi
hanno il diritto di appoggiare il loro fardello.”
“Ogni giorno Gesù viene a me nella Santa Comunione;
io gli restituirò la visita andando a servirlo nei Poveri.”
“Chi ha bisogno non può stare a studiare le buone maniere.
Non bisogna preoccuparsi per una parola vivace,
nè fermarsi davanti ad un modo di fare un po’ grossolano.
I Poveri sono di gran lunga migliori di quanto non sembri.”
“Una Figlia di san Vincenzo
non ha mai il diritto di mancare alla carità,
qualunque siano le conseguenze.”
“C’è qualcosa che mi soffoca e mi toglie l’appetito…
l’idea che tante famiglie mancano di pane.”
“Ricordate che il Povero è molto più sensibile ai modi di fare
che agli aiuti che riceve.”
I frutti dell’Amore vissuto da suor Rosalie Rendu sono visibili a tutti: nel grande cimitero di Montparnasse, una modesta tomba a terra porta una scritta sul basamento di una croce di pietra: “Alla buona Madre Suor Rosalia – i suoi amici riconoscenti – i poveri e i ricchi. ” E poi fiori, tanti fiori freschi di giornata, portati da mani anonime anche dopo un secolo e mezzo dalla sua morte.
La vita di Giovanna Rendu si articola durante 70 anni. Ha come riferimento geografico il piccolo villaggio di Confort, suo luogo di nascita, nel dipartimento dell’Ain in Francia e la grande Parigi. I suoi anni dell’infanzia e della fanciullezza conoscono le ripercussioni della Rivoluzione Francese (1789 – 1794), con le sue idee di libertà, di uguaglianza e di fraternità e con le sue violenze. I suoi anni maturi vedranno non solo i disordini delle rivoluzioni del 1830 e del 1848, ma anche il suo impegno per portare pace, con instancabile forza interiore, nei luoghi in cui si combatte e si muore.
In piena adolescenza, nella determinazione tipica del suo carattere, lascia la sua casa e i suoi affetti, e giunge a Parigi per diventare Figlia della Carità. A 16 anni ne riveste l’abito ma, soprattutto, cerca di incarnarne lo spirito e il carisma, come lo hanno delineato san Vincenzo De’ Paoli e santa Luisa de Marillac.
Il sobborgo san Marcello, nel quartiere Mouffetard, uno dei più malfamati della capitale, diventerà il territorio della sua abitazione.
Suor Rosalia accoglie tutti coloro che bussano alla porta del “bureau de Charité”, va per i vicoli bui e dissestati, entra nelle case affumicate e umide, sale nelle soffitte basse e prive di aria per portare aiuto, ma, specialmente, per ridare dignità al Povero e per arricchirlo di Dio.
I Poveri la chiamano nelle ore più impensate, e Giovanna Rendu, che tutti ormai chiamano suor Rosalia, va. Nella sua casa di via de l’Epée-de-Bois, c’è un piccolo parlatorio. Sulle panche scricchiolanti ci si siede e si attende di parlare, di raccontare, di cercare un senso alla propria vita. C’è il povero miserabile con i suoi stracci e c’è chi porta aiuti; c’è la donna con i segni della fame sul volto e il suo bambino sottopeso per mancanza di cibo; c’è il malato e c’è il sano; c’è il rivoluzionario che rivendica i suoi diritti di uomo nato libero e c’è il funzionario di polizia mandato là addirittura con l’ordine di arrestare suor Rosalia accusata di proteggere i rivoluzionari; c’è la ricca signora con le dita luccicanti d’oro, ma col cuore che soffre; c’è il giovane spinto da un immenso desiderio di dare significato alla propria vita, c’è l’uomo politico e l’uomo della strada. Giungono, un giorno, addirittura, l’imperatore Napoleone III in persona e l’imperatrice Eugenia, contagiati da quella Suora che non chiede mai a nessuno quale sia il suo credo religioso o quello politico, perché sa benissimo che ogni uomo viene da Dio e torna a Dio.
Suor Rosalia accoglie, ascolta, pensa alla soluzione, agisce. Accetta con una mano gli aiuti che le vengono offerti e li ridona subito con l’altra, in quei gesti che sono garanzia di Vangelo vissuto.
Un’attività che non conosce pause, ma che suor Rosalia non svolge da sola perché ha l’intelligenza di saper coinvolgere prima di tutto le sue Consorelle e poi gli altri, tanti altri. Anche il giovane Federico Ozanam, fondatore delle Conferenze di San Vincenzo, imparò da suor Rosalia a servire i poveri alla maniera vincenziana: corporalmente e spiritualmente.
Un’attività mai fine a se stessa: la sua linea di azione porta direttamente a Dio.
70 anni divita di cui 55 donati a piene mani a Dio, alla Comunità delle Figlie della Carità, ai Poveri. Il giorno della sua morte, il 3 febbraio 1856, fu un giorno di lutto per tutta Parigi; i suoi funerali un trionfo. Poi molti tornarono a casa, ma, per tutta la notte, sulla porta del cimitero di Montparnasse, i Poveri rimasero a vegliare la loro “mamma”. Molti si domandavano: “E adesso, chi prenderà il suo posto?”
Nella Chiesa di Saint Médard, suor Rosalia Rendu ha pregato per i suoi Poveri, qui li ha trasportati furtivamente, in bare fabbricate da lei stessa, quando infuriava il colera, qui circondata dai suoi amici poveri e ricchi è entrata per l’ultima volta, tra un’immensa folla, nel 1856, per essere poi tumulata nel cimitero di Montparnasse.
La Carità è contagiosa, ha detto qui il Cardinale Lustiger e, come Rosalia anche noi dobbiamo impegnarci ad imitarla nella carità. La traccia che suor Rosalia ha lasciato nella Parrocchia di S. Médard è ancora ben visibile, esempio vivo di amorevole servizio al Signore nella persona dei Poveri.
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