Il 2 settembre 1880, Teresa (suor Gabriella) Borgarino nasce a Boves, vicino a Cuneo nel nord dell’Italia, da Lorenzo Borgarino e Maria Cerano.
La Mamma educa i suoi dieci figli nella fede, più con l’esempio che con le parole. Ricorderà Suor Borgarino: “Eravamo poveri, ma quando la mamma faceva il pane, mentre era ancora caldo, chiamava me e mia sorella e ci diceva: – Prendete, il primo pane deve essere per il Signore: portatelo a quel povero, ma fatelo di nascosto, perché così va fatta l’elemosina – “.
Il Papà è un infaticabile lavoratore, ma soprattutto un uomo di fede, e i ragazzi sono segnati dal suo esempio quando, in estate, si alza alle tre del mattino per avere il tempo di assistere alla Santa Messa prima di incominciare il lavoro.
Nella famiglia Borgarino, appena in grado di lavorare, i maschi vanno a lavorare alla fornace, le ragazze in filanda.
La piccola Teresa, che tutti chiamano familiarmente “Ginota”, cresce dolce, ubbidiente, servizievole.
A sette anni – come allora usava – ha già ricevuto la Cresima.
A nove anni e mezzo è ammessa alla Prima Comunione.
I suoi studi non vanno oltre la terza elementare. A dieci anni o poco dopo, come molte ragazze del paese, incomincia la vita faticosa del lavoro in filanda, alla quale l’ha preparata l’esempio della Mamma. Scriverà: “La mamma non ci voleva mai oziose. Finite le faccende di casa ci dava da fare delle solette ai ferri e ce le pagava due soldi al paio. Quei soldi formavano la nostra piccola fortuna. Ma la mamma, per insegnarci lo spirito di sacrificio e di distacco, di quando in quando ci pregava di venirle in aiuto per una spesa imprevista, alla quale non poteva far fronte da sola e ci chiedeva il nostro piccolo capitale. Noi, contente, versavamo il nostro tesoro nelle sue mani”.
A 17 anni, Teresa lascia la filanda per andare come governante presso la famiglia Caviglia.
Così, nella povertà e nel lavoro, nella semplicità e nella serenità di un ambiente familiare profondamente cristiano e unito, passa l’adolescenza e la prima giovinezza di Teresa Borgarino. Apparentemente solo una maggiore pietà, una frequenza più assidua ai Sacramenti, una bontà singolare per i poveri e i sofferenti, un’obbedienza più pronta ai genitori, distingue Teresa dalle sue sorelle ed amiche, eppure da sempre Gesù l’attirava a Sè con una forza inesprimibile trattenendosi familiarmente con lei.
Suor Gabriella scrisse circa 50 anni dopo al Padre Domenico Borgna CM, Direttore delle Figlie della Carità, alcuni episodi della sua infanzia. Il 27 dicembre 1933: “… Avevo appena 6 o 7 anni, mi ricordo bene, ero seduta sul lettino aspettando la mamma che veniva tutte le mattine a vestirmi, quando vidi una bianca colomba posarsi sulla spalla e dirmi ben chiaro queste parole: – Sii buona, ubbidiente ai tuoi genitori, osserva bene i santi Comandamenti e poi vedrai e poi vedrai…- Due volte me le ripetè queste ultime parole e poi non la vidi più. Venuta la mia cara mamma, io le contai tutto, anzi le feci osservare: “Mamma, uscendo, non ha nemmeno rotta la finestra! – Perché deve sapere che noi siamo poveri campagnoli e alla finestra non c’erano i vetri, ma solo carta bianca. Ma mia madre seria mi disse: “Pazienza dirlo a tua madre, ma ad altri nessuno!” Io non dissi più niente… nemmeno al buon Parroco che fu mio confessore quando fui promossa per la Prima Comunione.”
Suor Gabriella continua: “Fui ammessa alla prima Comunione a 9 anni e mezzo… Secondo il Parroco si doveva aver compiuti i 10 anni, ma per me ha fatto una piccola eccezione. La mattina fortunata, mia madre mi ha fatto indossare una vestina pulita e mi disse di andare in Chiesa con le altre compagne. Eravamo molte e quando ebbi ricevuto Gesù, sentii la sua voce divina che mi disse: – TI FARAI SUORA! – Venuta a casa tutta contenta dissi alla mamma: “Mamma, Gesù mi ha parlato e mi ha detto che mi farà Suora”. Mio Buon Padre, non l’avessi mai detto; la mia madre mi sgridò tanto e quasi mi picchiava. E’ mancato poco che mi lasciasse senza colazione. …Io tacqui, ma la voce di Gesù sempre la sentivo, anzi, molte volte, quando andavo alla benedizione, vedevo come dei raggi uscire dalla SS. Ostia e siccome io credevo che le mie compagne vedessero parimenti, un giorno domandai a loro se vedevano i raggi intorno alla SS. Ostia; esse ne fecero le meraviglie e una mi disse: – Allora ti farai Suora! – Io capii che non bisogna mai dire queste cose e non ne parlai più, quantunque Gesù si degnasse di venire a me nella S.Comunione ,molte volte di più di quello che si usava concedere in quel tempo nelle parrocchie dei paesi.”
A 19 anni Teresa ha fatto la sua scelta: sarà FIGLIA della CARITÀ. I genitori le fanno resistenza, ma essa è sicura di convincerli presto: sono persone di fede.
Un’altra preoccupazione la inquieta: “Quando arrivai all’età di una decisione una cosa mi turbava. Io non avrei mai potuto entrare tra le Figlie della Carità; ero troppo ignorante e troppo povera e ciò mi pareva un ostacolo, perché credevo che tutte le Suore fossero almeno maestre… e invece Gesù me ne ha fatto la grazia, malgrado la mia indegnità”.
Alla fine del marzo 1900, la Superiora dell’Ospedale di Boves accompagna Teresa all’Ospedale di Fossano per iniziarvi il Postulato. Racconterà al Direttore: “A vent’anni entrai in postulato: mio rispettabile e buon Padre, Gesù mi dava prova che era contento, perché per tutta l’ottava del SS.Sacramento, io ebbi visibile innanzi al cuore, il SS.Ostensorio, di modo che l’anima mia poteva restare in adorazione; e siccome mi meravigliavo che potessi attendere ai lavori di scopare, lavare e, insieme, anche ai Santi Esercizi, Gesù mi fece capire che a Lui niente è impossibile.“
Dopo circa tre mesi, Teresa entra a San Salvario, Casa Provinciale delle FdC, a Torino, per incominciarvi il Seminario (Noviziato). È raggiante pur sperimentando, ora più che mai, la sofferenza del distacco dai suoi cari, dal paese, dalla sua vita semplice e contadina. Si impegna con grande buona volontà in tutto quello che le è domandato: preghiera, studio, lavoro, guardando continuamente a Gesù per superare tutte le difficoltà, ma la sua salute deperisce. Un giorno, mentre attende alla pulizia in dormitorio, si ferisce ad una gamba: una visita medica rivela uno stato preoccupante di anemia e i Superiori, allarmati, decidono di rimandarla per qualche tempo in famiglia, per riprendersi in salute tra le sue montagne. L’angoscia l’assale: che diranno in paese? E che diranno i genitori che avevano subìto la sua partenza?
È più che comprensibile che tutta la famiglia abbia voluto approfittare di quell’insperato ritorno a casa di Teresa per trattenerla almeno più vicina, suggerendole di entrare tra le Clarisse di Boves, senza andare troppo lontano. Teresa, docile come sempre, accetta di unirsi ad una novena a San Francesco e a Santa Chiara incominciata dalla Suore Clarisse e dai suoi, ma al terzo giorno la interrompe perché un desiderio ardente si è risvegliato nel suo cuore: “Sarà Figlia della Carità di San Vincenzo de Paoli“.
La Comunità l’attende e Teresa felice si dispone a partire, quando una nuova prova la ferma: il papà, caduto da un albero, viene ricoverato in ospedale con tre costole rotte, e nel suo grande affetto per la figlia, si lascia sfuggire un lamento: – Và pure, ma se tu parti mi farai morire!-” Teresa è stretta nella dolorosa alternativa: far una pena così grande al Padre o rischiare di non essere più accettata se si presenta in ritardo alla Comunità. Ella si getta in lacrime ai piedi del Tabernacolo, ripetendo: “Gesù… Gesù”. Interviene il Parroco, che si offre di chiedere una dilazione, fino a che il papà migliori, e i Superiori accettano. Appena il papà riprende le forze, Teresa si presenta alla Visitatrice a Torino per “chiedere la grazia di servire i Poveri per amor di Dio”
Il 10 maggio 1902, al termine del periodo di Seminario, Teresa Borgarino è destinata alla Misericordia di ANGERA con l’ufficio di cuciniera. La giornata operosa di Teresa – ora Suor Caterina – incomincia alle 4 del mattino, quando il paese dorme ancora e i pescatori tornano a riva dopo la pesca notturna. Nell’ incontro con Gesù nella Santa Comunione, attinge la capacità di riconoscerlo ed amarlo in tutti quelli che durante la giornata avranno bisogno di lei: le Sorelle e i Poveri.
Tutto quello che compie, in semplicità e letizia, è solo per Lui e presto, le Sorelle della casa e quelli che l’avvicinano, avvertono in lei quel singolare rapporto con Dio che trabocca anche nelle piccole cose di ogni giorno.
Quando, dopo soli quattro anni, la Visitatrice la richiama per mandarla altrove, pur sentendo profondamente il sacrificio di lasciare la casa dove ha vissuto il primo dono di sè ai Poveri, non ha che una certezza: “Ovunque mi mandi l’obbedienza, troverò Gesù da servire e questo mi basta”. Il Parroco di Angera commenta: “Mi dispiace che ce la portino via. Essa è un’altra Bernadette”
La nuova destinazione è tra i vecchietti della Casa di Riposo “Rezzonico” di LUGANO, nella Svizzera italiana. È il gennaio del 1906: inizia un nuovo anno, inizia per Teresa Borgarino – che d’ora in poi sarà chiamata Suor Gabriella – una meravigliosa avventura soprannaturale.
Lugano: casa di riposo Riziero – Rezzonico, oggi edificio scolastico
Nulla fa presagire che il Signore l’abbia condotta a Lugano per una missione speciale, ma tutti – consorelle e ricoverati – si accorgono presto di quale straordinaria pazienza e bontà sia capace quella giovane Figlia della Carità. Ella impara subito quello che può piacere ad ogni vecchietto, li accontenta tutti, sorridendo… e loro la ricambiano in modo commovente. In questo ambiente di povertà, di semplicità e di affetto, il 2 luglio 1906, Suor Borgarino pronuncia per la prima volta i Voti di povertà, castità, obbedienza e servizio dei poveri – Sr Gabriella ha 29 anni.
I cinque anni che seguono sono i più dolorosi della sua vita. “Prima che Gesù mi apparisse, ho passato cinque anni di grande desolazione, senza che alcuno mi aiutasse. Un giorno in cui ero molto penata, ne ho detto qualche parola al vecchio confessore che mi rispose: – Senta, faccia un bell’atto di dolore – Non ho più osato parlarne con nessuno”. Ella sopporta la prova serenamente, senza che alcuno nemmeno ne dubiti . Scriverà più tardi: “Mi trovavo nelle tenebre più fitte e cercavo di non lasciar trapelare nulla all’esterno. Infine Gesù si fece sentire e, tra le altre cose, compresi che avrei potuto cogliere per Lui dei fiori ovunque, anche sulla neve. Da allora cerco di raccogliere incessantemente piccoli fiori di umiltà, di dolcezza, di mortificazione…”
Nel 1915, Mons. Emilio Poretti, parroco della Cattedrale di Lugano, diventa per alcuni anni il Confessore delle Figlie della Carità del Rezzonico: Suor Gabriella, illuminata interiormente, comprende che quello è il Sacerdote inviato da Dio per guidarla nella vita spirituale e sostenerla nella missione che le sarebbe stata presto affidata… e la luce di Dio incomincia ad illuminare la sua oscurità.
Nel 1918 la guerra finisce, ma subito si abbatte sull’Europa la terribile epidemia di “spagnola” che fa un numero incalcolabile di vittime. La casa di riposo di Lugano diventa lazzaretto aperto a tutti gli ammalati e Suor Borgarino, pur continuando a lavorare in cucina, si fa infermiera piena di fede e di carità, riuscendo, con la sua bontà, a riconciliare con Dio un prete apostata e un massone – primizie di quei poveri che la Provvidenza, nel Suo Disegno di Misericordia, intendeva affidare in special modo a lei ed alle Figlie della Carità.
Giugno 1919 – Suor Borgarino ha 39 anni ed è così semplice che nessuno sospetterebbe che essa sia stata scelta per diventare la confidente di Gesù.
“Era il mese di giugno; una mattina ero con le nostre Suore alla S. Messa alla Madonnetta e facevo il ringraziamento della Comunione, quando ad un tratto non vidi più niente e si fece davanti a me come un grande lenzuolo e in mezzo un bellissimo cuore color carne. Al posto della corona di spine vidi tante rose rosse divise da cinque rose bianche…”. Gesù le suggerisce una giaculatoria da recitarsi come un coroncino: “O MIO DOLCE TESORO GESÙ, DAMMI IL TUO BEL CUORE” e le dice che “con questa manifestazione vuole affidare alla Famiglia Vincenziana due classi di persone: i Sacerdoti infedeli e i massoni”. Scrive ai Superiori: “… Gesù desidera che nella comunità si facciano tanti atti di carità, anche piccoli. Fatti con retta intenzione e per puro amor di Dio, essi formano tanti bei fiori che rallegrano il Suo Divin Cuore…”.
La nuova devozione al Sacro Cuore si diffonde. Il Card. Gamba, Arcivescovo di Torino, approva l’immagine e indulgenzia la recita del coroncino; c’è chi si adopera per ottenere l’approvazione della Chiesa, ma nel marzo del 1928 il S. Uffizio ordina al Superiore Generale dei Missionari e delle Figlie della Carità di proibire la diffusione delle immagini e del coroncino, di ritirare con prudenza quelle già in circolazione e di mettere tutto a tacere. Suor Gabriella risponde con l’ obbedienza assoluta, con il silenzio e con la preghiera, ma incomincia per lei un martirio interiore che durerà tutta la vita: ella è certa delle manifestazioni di Gesù ma sperimenta pure l’incertezza e la lacerazione. Scrive: “Il demonio vorrebbe che io non credessi a Gesù, specialmente nel Tabernacolo e alle sue divine manifestazioni e mi dice che tutte le cose che, per la bontà di Gesù, io vidi, sono da dimenticare… Potrei dubitare della mia esistenza… cosa impossibile, ma sento che Gesù è la mia vita… Non desidero altro che di fare bene la Sua Santa Volontà, per la salvezza delle anime, in particolare di quelle che Gesù mi ha affidate: i Sacerdoti infedeli e i massoni.” E prega: “Se la mia povera persona è di impedimento per questa manifestazione, o Gesù mio, nascondimi pure nella fossa, purché anche lì io possa contribuire alla Tua Gloria e alla salvezza eterna delle anime” (27.10.1932).
Intanto, all’inizio di novembre 1919, Suor Borgarino viene trasferita da Lugano alla Casa San Giuseppe di GRUGLIASCO alla periferia di Torino, sempre in cucina e in altri umili uffici, al servizio delle Consorelle inferme. Essa non tornerà mai più a Lugano. Nel 1830, quando la Visitatrice, Suor Zari, le propone di andarci per una visita, risponderà: “Gesù non vuole perché io non sono che la radice nascosta di questo grande albero e bisogna che stia ben nascosta nell’umiltà; del resto non sono che il misero strumento del quale Gesù vuole servirsi. Non desidero altro che amarlo, servirlo e aiutarlo nella salvezza delle anime” (4 agosto 1932)
Anche a Grugliasco essa gode di una singolare intimità e confidenza con Gesù, ma rimane, prima di tutto, la “serva” umilmente fedele alle richieste della carità e dell’obbedienza.
Racconterà con tutta semplicità al P. Borgna: “Mi trattenevo con Gesù nella mia meditazione, gustando una felicità di paradiso, quando una Suora venne a chiamarmi per servire tre Suore arrivate da Torino. Subito disse a Gesù: “me ne vado, caro Gesù!” Ma quale fu la mia contentezza, ritornando in Cappella, di vedere Gesù, dalla parte del S. Vangelo, grande come un giovane, di una bellezza straordinaria, dirmi molto grazioso: – Perché sei andata per obbedienza, Io ti ho aspettata per amore! -”
Una mattina, andando in Cappella, compie tre piccoli servizi di carità ad altrettante Sorelle Anziane: “Mentre facevo il ringraziamento della Comunione, vidi davanti a me tre bellissime rose e la voce di Gesù che mi diceva: – Sono i tre atti di carità che tu hai fatto questa mattina; li ho tanto graditi! – “
Il 25 giugno 1920, Gesù si manifesta di nuovo a Suor Gabriella. Ella stessa così racconterà a Mons. Lanfranchi: “Durante il tempo della benedizione eucaristica, nella Cappella di Grugliasco, facendomi vedere nella SS. Ostia il Suo bellissimo Cuore, Gesù era tutto intero, Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Mi riempì di tanta consolazione da poter dire. “Buona cosa è lo stare qui!” Invece il mio primo dovere è di far meglio che posso il mio piccolo ufficio“.
Nel mese di luglio del 1931, Suor Borgarino deve lasciare Grugliasco e “la Cappella nella quale aveva ricevuto tante grazie e incontrato la dolce Presenza di Gesù” per raggiungere LUSERNA S. Giovanni, nella Diocesi di Pinerolo, dove è incaricata, prima della dispensa e del refettorio per le Suore ammalate, in seguito del pollaio, dell’orto e degli operai che lavorano in casa.
Pur compiendo vita ritirata, scopre subito che a Luserna e nella Valle del Chisone ci sono molti Valdesi e per ricondurli alla fede moltiplica preghiere e sacrifici, senza allontanarsi dal “caro servizio dove l’ha messa l’obbedienza”.
Due giorni dopo il suo arrivo Gesù le dice: “Io per amor tuo sto in questo Tabernacolo e tu, per mio amore, sta nella tua dispensa e cucina… quello che non puoi fare secondo il tuo desiderio, supplisco Io a tutto!”
Alcuni brani delle sue lettere ci permettono di pensare che Suor Gabriella abbia sempre continuato a sperare che fosse riconosciuta la verità della manifestazione di Gesù a Lugano. Scriverà a Mons. Poretti nel 1932: “…Certamente, se non fosse stato per Gesù io non avrei parlato… .Gesù, che è l’unico mio conforto, mi disse: – La salvezza delle anime non dipende dall’approvazione delle creature, tu puoi salvarle lo stesso unita a Me. Continua la tua vita di preghiera e di lavoro per Me -”.
Luserna, Cappella FdC oggi Santuario della Diocesi di Pinerolo
A Luserna, il 17 sett. 1936 (o 1937?), Gesù si manifesta nuovamente a Suor Bolgarino per affidarle un altro incarico. Ne scrive a Mons Poretti: “Gesù mi apparve e mi disse: – Ho il cuore tanto pieno di grazie da dare alle mie creature che è come un torrente che straripa; fa di tutto per far conoscere ed apprezzare la mia Provvidenza divina.- … Gesù aveva un foglietto in mano con scritto proprio questa preziosa invocazione: “PROVVIDENZA DIVINA DEL CUOR DI GESÙ, PROVVEDETECI”. Mi disse di scriverla e farla benedire e di sottolineare la parola divina perché tutti capiscano che viene proprio dal Suo Divin Cuore… che la Provvidenza è un attributo della Sua Divinità, perciò inesauribile…”… “Gesù mi assicurò che in qualsiasi necessità morale, spirituale e materiale, Egli ci avrebbe soccorsi… Così si può dire a Gesù, per chi manca di qualche virtù, – Provvedeteci di umiltà, di dolcezza, di distacco dalle cose della terra… – Gesù a tutto provvede!
Suor Gabriella scrive la giaculatoria su immagini e foglietti da distribuire, la insegna alle Sorelle e alle persone che avvicina. Gesù la rassicura a proposito della invocazione “Provvidenza Divina: “Sta tranquilla che non vi è niente di contrario alla Santa Chiesa, anzi è favorevole alla sua azione di Madre comune di tutte le creature”.
Infatti la giaculatoria si diffonde senza suscitare difficoltà. L’ 8 maggio 1940, il Vesc. di Lugano Mons. Jelmini concede 50 giorni di indulgenza; e il Card. Maurilio Fossati, Arcivescovo di Torino, il 19luglio 1944, 300 giorni di indulgenza.
Secondo i desideri del Divin Cuore, la giaculatoria “PROVVIDENZA DIVINA DEL CUOR DI GESÙ, PROVVEDETECI!” è stata scritta e continuamente si scrive su migliaia e migliaia di foglietti benedetti che hanno raggiunto un numero ormai incalcolabile di persone, ottenendo a chi li porta con fede e ripete con confidenza la giaculatoria, grazie di guarigione, di conversione, di pace.
Intanto alla missione di Suor Gabriella si è aperta un’altra strada: benché viva nascosta nella casa di Luserna, molti: Sorelle, Superiori, Direttori di Seminari…, vogliono interrogare la confidente di Gesù per chiederle luce e consigli su problemi anche di difficile soluzione: Suor Gabriella ascolta, “NE PARLO A GESÙ” e risponde a tutti con sconvolgente, disarmante semplicità soprannaturale: “Gesù mi disse… Gesù mi ha detto… Gesù non è contento… Stia tranquilla: Gesù le vuole bene…” . E continuava: “Se crede preghi così…, se crede dica così, faccia così…”.
Nel 1947, Suor Gabriella si ammala gravemente di anemia perniciosa; la sua salute declina visibilmente, ma nasconde il più possibile la sua sofferenza : “Tutto quello che Gesù manda, non è mai troppo: voglio ciò che Lui vuole”. Si alza ancora per la S. Messa, passando poi molte ore seduta al tavolo a scrivere foglietti e a rispondere alle lettere sempre più numerose. La sera del 23 dicembre 1948, mentre va in Cappella, sente fortissimi dolori allo stomaco e non si regge più in piedi; trasportata all’ infermeria, vi rimane 9 giorni, soffrendo moltissimo, assistita giorno e notte da tutte le Sorelle, edificate dalla sua pazienza e dal suo sorriso; riceve i Sacramenti degli infermi con una gioia e una pace che rivelano la sua intima unione con Dio.
Alle 23,45 del 1° gennaio 1949, i suoi occhi si aprono alla contemplazione del Volto del suo Gesù, mentre incomincia – come aveva promesso – la sua missione in Cielo: far conoscere al mondo intero le infinite misericordie del suo Cuore e supplicare in eterno la Sua Provvidenza Divina in favore di tutte le persone che ne hanno bisogno.
Dal suo epistolario, ma soprattutto dalle testimonianze di chi le è vissuto accanto, si delinea un esempio luminoso di bontà, di umiltà, di fede e di amore di Dio e del prossimo, un esempio di osservanza religiosa, di fedeltà alla sua Vocazione, di amore per il suo lavoro, qualsiasi mansione le sia stata affidata.
Al centro della sua vita spirituale è l’EUCARESTIA: la Santa Messa, la Santa Comunione, la Presenza Sacramentale. Anche quando è tentata di disperazione e si sente spinta dal demonio ad oltraggiare il Santo Nome di Dio, essa si avvicina con più confidenza al Tabernacolo, perché “Là c’è Dio, c’è tutto…” Il 20 agosto 1939 aveva scritto a Mons. Poretti: “…Lui mi disse di entrare spiritualmente nel Tabernacolo… Lì Egli esercita la stessa vita che conduceva sulla terra, cioé ascolta, istruisce, consola… Io racconto a Gesù, con amorosa confidenza le mie cose e anche i miei desideri e Lui mi dice le sue pene, che io cerco di riparare e – se fosse possibile – fargliele dimenticare” “…E tutte le volte che posso fare qualche piacere o rendere qualche servizio alle mie care Sorelle, provo una contentezza tale, sapendo di far piacere a Gesù“.
Ed è così con tutti, a cominciare dai più poveri.
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